Cimici dei letti: aspetti clinici e sanitari

Nella seconda metà del ventesimo secolo, le cimici dei letti (Cimex lectularius) sembravano scomparse. Le infestazioni nei paesi industrializzati erano diventate così rare che le cimici non furono considerate più un problema di sanità pubblica. Il declino di questo parassita è stato attribuito ai miglioramenti socio-economici, verificatisi dopo la seconda guerra mondiale e allo sviluppo degli insetticidi residuali (DDT). Tuttavia, poco prima dell’inizio del nuovo millennio, si è cominciato a notare un aumento nel numero di infestazioni da cimice dei letti. Negli ultimi anni, infatti, le infestazioni da parte delle cimici dei letti sono in aumento e iniziano a creare nuovi problemi negli ambienti di soggiorno (alberghi e abitazioni private), così come nei mezzi di trasporto (treni e cabine guida di camion) e nelle comunità (ospedali, carceri, ecc.).

Le cimici dei letti sono lunghe fino a 7 mm, ovali, piatte e di colore rosso-marrone. Sono animali notturni, ma si nutrono anche alla luce del giorno quando affamate. Come le pulci, producono spesso file di punture in serie. Le femmine attaccano le loro uova su superfici, spesso in fessure, dove possono essere nascoste in grappoli sparsi. La cimice dei letti può essere trovata in tutte le regioni climatiche temperate del mondo. Vive in condizioni di temperatura e umidità confortevoli per l’uomo, e l’uomo da parte sua fornisce il sangue per il nutrimento e un posto dove vivere.

Nonostante la puntura sia spesso invisibile, la loro saliva contiene proteine attive che possono causare una reazione immunogenica e allergica. La reazione alle punture di cimice dei letti può variare: alcune persone mostrano una piccola o quasi assente reazione, mentre altre possono mostrare reazioni notevoli. I sintomi iniziali includono forte arrossamento cutaneo e intenso prurito, eruzioni pustolose che possono condurre a ulteriori reazioni ematologiche e più raramente shock anafilattico. Sono descritti 28 patogeni umani naturalmente contenuti nelle cimici dei letti, ma la loro trasmissione non è mai stata documentata. Studi eseguiti sull’epatite B sembrano avvalorare la possibilità di trasmissione meccanica da parte di feci contaminate o quando gli insetti siano schiacciati mentre si nutrono sulla pelle. Numerose punture di cimice dei letti possono contribuire allo sviluppo dell’anemia e possono anche rendere un individuo più suscettibile alle comuni patologie. Alcuni soggetti possono sviluppare malessere generale assieme a insonnia e forte prurito. Altri individui possono sviluppare la cosiddetta “sindrome da sensibilizzazione” che implica nervosismo, irritabilità e insonnia. In questi casi, trasferire il soggetto in altro ambiente o rimuovere le cimici ha favorito la scomparsa della sindrome. A parte gli effetti della puntura diretta, allergeni volatili delle cimici dei letti possono causare l’asma bronchiale.

La maggior parte dei pazienti le cui punture sono trattate con corticosteroidi per tentare di ridurre il rigonfiamento e il prurito, non riscontrano miglioramenti significativi. Gli antistaminici riducono il prurito in alcuni casi, però non hanno effetti alcuni sul rigonfiamento e sulla durata delle lesioni. . L’applicazione topica di corticosteroidi come l’idrocortisone sembra ridurre le lesioni e la sensazione di prurito. Vari pazienti riscontrano una diminuzione del prurito e dell’infiammazione anche con l’applicazione di acqua calda sulla zona interessata. L’acqua deve essere intorno ai 50°C, se non è sufficientemente calda può aggravare i sintomi; se invece è troppo calda può causare scottature. Può essere applicata l’acqua calda anche attraverso un panno imbevuto, o scaldare il panno bagnato con un asciugacapelli. C’è disaccordo sul motivo per il quale il calore attenuerebbe i sintomi. Alcune Website ipotesi affermano che il calore saturerebbe i nervi che trasmettono il prurito, impedendo così al segnale di arrivare al cervello; altre, che il calore degraderebbe le sostanze chimiche che causano l’infiammazione; e altre ancora, che il calore scatenerebbe una massiccia produzione di istamina.

In conclusione, si vuole ricordare che un’accurata raccolta dei dati anamnestici (esposizione all’insetto), la descrizione morfologica e la conoscenza dell’aspetto clinico delle lesioni, sono dati indispensabili per una corretta diagnosi di questo tipo di patologie. Anche per quanto riguarda le problematiche legate alle infestazioni in abitazioni è necessario arrivare a una corretta identificazione delle specie. Infatti, solo tramite la conoscenza dei cicli vitali degli insetti implicati e della loro importanza sanitaria, è possibile attuare, un controllo integrato, ovvero l’avvalersi di interventi sia di natura gestionale, sia di natura fisica e chimica.

 

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La corretta difesa fitosanitaria del verde urbano

Le piante ornamentali contribuiscono a migliorare la qualità dei centri urbani e costituiscono un patrimonio storico e ambientale delle nostre città. Accanto all’aspetto decorativo, la flora cittadina svolge importanti funzioni: interagisce con la regolazione del microclima, consente l’assorbimento dei rumori e la degradazione di composti inquinanti. La maggior parte delle piante sono spesso soggette ad attacchi da parte di parassiti infestanti sia di origine animale (insetti, acari, roditori, uccelli), sia di origine vegetale (funghi, batteri, erbe infestanti, ecc.). Questi vanno pertanto gestiti con metodi di monitoraggio e lotta atti a garantire il completo recupero delle piante infestate. I trattamenti fitosanitari devono essere giustificati in funzione della stima del rischio di danno, la quale avviene attraverso sistemi di accertamento che dipendono dalla pericolosità dei parassiti. È importante, inoltre, l’individuazione dei momenti e delle strategie di intervento più opportune, che variano in relazione alle caratteristiche dell’ambiente e alla natura delle avversità.

Al fine di razionalizzare l’uso delle sostanze chimiche nella difesa delle piante, è stato introdotto il concetto di soglia di intervento, secondo il quale, il trattamento va eseguito solamente quando le avversità raggiungono una pericolosità tale che le eventuali perdite da esse determinate equivalgono il costo da sostenere per un eventuale trattamento. Per i parassiti animali (insetti, acari, ecc.) la soglia d’intervento viene accertata con periodici controlli che permettono di definire l’epoca della comparsa dei parassiti e la reale densità di popolazione degli stessi. A tale fine si ricorre a controlli visivi sugli organi vegetali e a sistemi di monitoraggio mediante specifiche trappole (a feromoni, colorate, alimentari).

Le moderne tecniche di difesa delle piante, prevedono il controllo integrato delle infestazioni che consiste nell’uso razionale di tutti i mezzi di difesa disponibili (biologici, biotecnologici, agronomici e chimici), per mantenere i parassiti delle piante al di sotto della soglia di intervento.

L’applicazione della lotta integrata presuppone quanto segue:

  • monitoraggio dei parassiti delle piante;
  • monitoraggio degli organismi utili presenti;
  • verifica della soglia d’intervento per ogni parassita;
  • scelta dei principi attivi in funzione alla loro efficacia, alla ridotta tossicità e alla selettività;
  • conoscenza degli aspetti ambientali influenti sullo sviluppo dei parassiti.

In un ambiente altamente antropizzato come quello urbano, la difesa fitosanitaria del verde ornamentale deve essere attuata nel pieno rispetto dei principi ecologici, tossicologici ed economici, privilegiando l’utilizzo di sistemi e prodotti eco-compatibili.

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Le Mosche: tanto diffuse quanto pericolose

La mosca domestica è conosciuta da tutti e in tutto il mondo perché è l’insetto con cui l’uomo viene a contatto più frequentemente e con cui ha da sempre condiviso la sua esistenza. Ma esistono moltissime specie di mosche, tutte molto diverse tra loro: da quelle che succhiano il sangue a quelle che si nutrono di rifiuti e contaminano il cibo, da quelle che trasmettono malattie a quelle che attaccano piante e animali. Il successo delle mosche è dovuto al fatto che esse si adattano facilmente ai nostri ambienti alimentandosi dei nostri scarti alimentari e organici, ma soprattutto sono caratterizzate da un’elevata fecondità e un ciclo di sviluppo molto rapido che permette loro di raggiungere numeri elevatissimi.

Le mosche depongono le uova su sostanze organiche in decomposizione, dove le larve si alimentano subito.  Il ciclo da uovo ad adulto si completa in pochi giorni: in condizioni favorevoli una coppia di mosche può generare, da maggio a settembre, quattromila trilioni di mosche. Soprattutto d’estate, data la temperatura elevata, le mosche sono sempre alla ricerca di cibo e si nutrono tanto abbondantemente che possono depositare giornalmente da 20 a 60 deiezioni. Posandosi su rifiuti, feci, espettorati, ferite purulente, ecc., le mosche si caricano di virus, batteri, spirochete, protozoi, uova e larve di vermi parassiti e altri agenti patogeni. In parte questi organismi vengono ingeriti dalla mosca che li elimina con le proprie deiezioni, intatti e ancora vitali e virulenti, mentre altri aderiscono alle setole del suo corpo. Quando una mosca si posa su una tavola imbandita, sugli utensili di cucina o sui nostri cibi, li contamina facilmente con il suo pericoloso fardello di microbi. Particolarmente temibili sono le goccioline di saliva, spesso cariche di germi, che l’insetto rigurgita sugli alimenti solidi. Questi esempi non danno che una minima idea delle malattie che possono essere trasmesse meccanicamente dalla mosca, definita l’insetto domestico più pericoloso.

Nel corso degli ultimi 100 anni, la temperatura media globale ha fatto notare un rialzo di circa 0,6 °C. Questa tendenza potrebbe manifestare un rapido aumento nel futuro. Le condizioni di temperatura più calda potrebbero promuovere la trasmissione di malattie e incrementare le popolazioni di vettori locali di malattia. Un modello di simulazione di cambiamento climatico ha predetto un aumento potenziale nella popolazione di mosche del 244% entro il 2080.

Molto simili alla mosca domestica sono la Fannia canicularism, la  Piophila casei (mosca del formaggio) e la Stomoxys calcitrans (mosca cavallina) che ha un apparato buccale pungente, ma che raramente colpisce l’uomo.  I Sarcophagidae e i Calliphoridae, invece, fanno parte dei mosconi della carne, sono più grandi ed esibiscono colori più vivaci.

Il controllo delle mosche è da considerarsi un fattore di primaria importanza nella gestione della salute pubblica. In ogni ambiente e contesto in cui questi insetti sono presenti, occorre pianificare una corretta strategia. Per combattere le mosche, infatti, non esiste un solo metodo o uno specifico prodotto.

Per poter fornire una soluzione adeguata ed efficace, è necessario prima valutare attentamente l’ambiente (urbano, sub-urbano, rurale, ecc.), le attività presenti o vicine (industrie, allevamenti, ecc.) e altri importanti fattori. Il controllo integrato prevede l’azione congiunta della prevenzione e della lotta mirata. L’impiego di insetticidi a basso impatto ambientale nelle aree esterne e l’uso di trappole a luce UV per gli ambienti interni (con cui è possibile eseguire il monitoraggio delle specie), sono quasi sempre diretti contro le forme alate e se utilizzati correttamente, assicurano ottimi risultati.

Le mosche si possono eliminare definitivamente con appropriate misure di prevenzione e igiene ambientale che comportino il corretto smaltimento dei rifiuti, che sono il loro indispensabile supporto alimentare:

  • eliminazione quotidiana dei rifiuti urbani;
  • pulizia e disinfezione periodica dei cassonetti;
  • allontanamento dal centro urbano degli allevamenti;
  • ricambio giornaliero delle lettiere nelle stalle;
  • accumulo corretto del letame in concimaie idonee. 

I prodotti utilizzati nella lotta mirata contro le mosche si dividono in: adulticidi (efficaci nei confronti degli adulti); larvicidi (efficaci nei confronti delle larve). I prodotti adulticidi, a loro volta, possono essere ad azione residuale (esplicano un’azione prolungata nel tempo) o ad azione abbattente (esplicano un’azione immediata e breve nel tempo).

È importante sottolineare  che l’impiego di prodotti insetticidi deve essere inteso esclusivamente come un’integrazione alle misure di prevenzione, mai come l’unica metodica risolutiva.

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Blatte o scarafaggi: identificazione e gestione delle infestazioni

Le blatte o scarafaggi sono insetti presenti in tutto il mondo e alcune specie si sono adattare a vivere come infestanti di ambienti occupati dall’uomo. In Italia solo quattro specie si rendono responsabili di gravi infestazioni: la Blatta orientalis, la Blattella germanica, la Supella lonipalpa, la Periplaneta americana e solo di recente è stata segnalata la presenza della Polyphaga aegyptiaca. Queste specie risultano colonizzatrici di abitazioni, industrie alimentari, ospedali, mense, alberghi, nonché dei mezzi di trasporto, quali navi, aerei, ecc., diffondendosi con gli scambi commerciali. Le blatte si spostano facilmente da un ambiente a un altro, accedendo attraverso i canali di scarico e le reti fognarie, ma possono anche essere inconsapevolmente portate all’interno degli edifici, nascoste in imballaggi provenienti da magazzini infestati. Inoltre possono trasportare sul proprio corpo vari parassiti e possono determinare rischi sanitari come la comparsa di reazioni di tipo allergico, nonché contaminare gli alimenti e le superfici su cui transitano.

Spesso la presenza delle blatte è collegata a situazioni di scarsa pulizia e/o di carenze strutturali e manutentive degli ambienti. Relativamente alle caratteristiche biologiche delle diverse specie, alcuni parametri ambientali possono essere considerati comuni per il loro sviluppo. La presenza di umidità è un fattore indispensabile per la loro sopravvivenza, così come la disponibilità di cibo. Anche le fonti di calore costituiscono aree di aggregazione, di crescita e di riproduzione di questi insetti. Nelle costruzioni riscaldate, o comunque dove la temperatura non subisce sbalzi rilevanti, dove abbondano nascondigli e cibo, le blatte riescono a sviluppare in breve tempo gravi infestazioni. Hanno abitudini prevalentemente notturne, durante il giorno si nascondono nelle crepe dei muri, sotto i battiscopa o in altri nascondigli, specie se vicini fonti di calore e umidità come frigoriferi, canali di passaggio per i tubi dell’acqua calda, piani cottura, forni, lavabi, parti inaccessibili dei mobili, anfratti delle pareti, cantine, fognature e aree rifiuti.

È possibile verificare la presenza delle blatte all’interno di un edificio, attraverso il riscontro visivo o mediante il posizionamento di trappole collanti che consentono di eseguire il monitoraggio.

Nella maggior parte dei casi, per il controllo delle infestazioni da parte di questi insetti, l’applicazione delle misure di prevenzione risulta più importante della stessa lotta diretta. Mantenere ordine e pulizia dei locali, effettuare una accurata sigillatura ermetica attorno a tutti i punti di annidamento e passaggio, alle canalizzazioni dei tubi di gas e acqua, all’impianto elettrico, applicare griglie metalliche a maglia fine negli scarichi soprattutto se non dotati di sifone, stuccare eventuali crepe e fessure di pavimenti, pareti e soffitti, fare attenzione ai sacchi, sacchetti o cartoni di alimenti provenienti dall’esterno.

Se le blatte sono già annidate all’interno di un edificio, viene richiesto l’uso integrato delle misure di igiene e prevenzione, associato all’applicazione del metodo di disinfestazione più idoneo. I dettagli per una disinfestazione possono variare da luogo a luogo, perché dipendono da diversi fattori quali la situazione ambientale dell’area esterna, la situazione strutturale dell’edificio, gli standard di manutenzione, la situazione igienico-sanitaria, ecc., nonché dalla specie di blatta bersaglio bk46.fi.

Tuttavia, risultati garantiti in merito alle infestazioni da blatte si ottengono quando:

  • si  è instaurata una stretta la collaborazione tra l’operatore del servizio di disinfestazione e il cliente;
  • tutti gli ambienti sono stati accuratamente ispezionati e identificati i punti critici;
  • sono state individuate ed eseguire le misure di prevenzione e lotta;
  • vengono controllati i risultati attraverso i sistemi di monitoraggio.

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Il monitoraggio delle zanzare

Disporre di un sistema di monitoraggio delle zanzare consente di rilevare tempestivamente ogni nuova infestazione, di attivare un piano di intervento sul territorio e di seguire l’evolversi delle infestazioni già in atto.

Il monitoraggio delle zanzare permette di ottenere informazioni su presenza, distribuzione e quantità delle specie in una certa area e in un certo momento. A tale scopo vengono predisposti sistemi di controllo che si avvalgono di mezzi e tecniche differenti. Ad oggi, comunque, l’impiego delle ovitrappole risulta il sistema più pratico, economico e informativo.

L’ovitrappola è un contenitore di plastica scuro di 500 ml di capacità, contenente circa 350-400 ml di acqua. Al suo interno è posizionata verticalmente una bacchetta di masonite che fornisce alle femmine gravide delle zanzare, una superficie adeguata su cui deporre le uova, poco sopra la superficie dell’acqua. Le ovitrappole, identificate con un numero d’ordine progressivo, vengono posizionate sul territorio in siti idonei e in numero adeguato, allo scopo di avere un’informazione quanto più capillare possibile.

Il posizionamento delle trappole viene geo-referenziato e il tutto gestito attraverso un sistema geografico informativo. Durante i controlli, che avvengono a cadenza settimanale, l’acqua dell’ovitrappola viene rinnovata e la bacchetta sostituita. In laboratorio, al microscopio ottico, vengono accertate la presenza e il numero delle uova deposte. Per valutare la distribuzione e l’abbondanza della specie in una data area, vengono considerati due parametri: la percentuale di trappole positive sul totale di quelle operanti e il numero medio di uova per trappola positiva.

I dati afferenti dal sistema di monitoraggio vengono inseriti in un database per poi essere analizzati insieme alle informazioni meteo (temperatura, pioggia), raccolte dalla stazione di rilevamento più vicina all’area di sorveglianza. Il dato analizzato in questo modo permette di seguire spazialmente e temporalmente le infestazioni in atto, pianificare azioni d’intervento e poi valutare l’efficacia dei trattamenti di disinfestazione.

Nella progettazione del sistema di monitoraggio viengono considerate una serie di azioni zanzara tigresequenziali:

  • valutazione del numero rappresentativo di trappole per l’area interessata;
  • scelta dei siti per il posizionamento delle ovitrappole e collocamento delle stesse;
  • cadenza delle operazioni di controllo e manutenzione;
  • raccolta, elaborazione, valutazione e archiviazione di dati.

Parallelamente al sistema di monitoraggio in aree dove le zanzare non risultano ancora segnalate, può essere predisposto un sistema di ricerca attiva. L’attuazione di questo metodo avviene laddove la presenza delle zanzare è probabile, sia per l’esistenza di siti a rischio (depositi di copertoni, autodemolitori, vivai, ecc.), sia per la vicinanza ad aree già infestate. Oltre al posizionamento di ovitrappole, la ricerca attiva prevede:

  • individuazione e schedatura di tutti i potenziali focolai presenti di una data area;
  • ispezione periodica dei focolai larvali censiti;
  • verifica del rispetto delle norme igienico-sanitarie da parte dei gestori delle attività a rischio;
  • interviste alla popolazione da parte di personale qualificato che dà indicazioni utili sia sullo stato dell’infestazione in atto, sia sulle misure preventive più semplici da adottare per difendersi dalle zanzare.

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Un efficace controllo delle formiche infestanti

Le formiche sono insetti presenti prevalentemente in campagna e nelle zone boschive ma diverse specie sono da tempo considerate infestanti dell’ambiente urbano, dell’ambiente domestico e delle industrie alimentari. Si tratta di insetti sociali, cioè che vivono in colonie organizzate dove ogni individuo ha un proprio ruolo geneticamente ben definito. Le colonie sono notevolmente stabili e di lunga durata. La regina vive per parecchi anni e le operaie assicurano che nuove regine vengano allevate quando necessario per garantire la continuità della colonia.

La dannosità di questi insetti è connessa alla possibile veicolazione di microrganismi patogeni (Pseudomonas, Staphylococcus, Salmonella, Clostridium, ecc.) sugli alimenti, evenienza dovuta dal fatto che le formiche, perlustrando il terreno, i pavimenti e i materiali organici che incontrano sul loro cammino, possono raccogliere accidentalmente microrganismi, con le zampe o le parti boccali, che poi vengono depositati sui nostri alimenti o sulle superfici di lavorazione.

Il riconoscimento delle specie infestanti, occhio critico e costanza sono tre buone qualità che occorrono per ottenere un controllo efficace delle formiche. Diventa fondamentale fare ricorso alla prevenzione al fine di evitare l’insorgenza delle condizioni idonee all’infestazione, attraverso la chiusura di interstizi, fessurazioni, crepe, pulizia, eliminazione di detriti e di ogni fonte di cibo appetibile. Un efficace e garantito controllo si ottiene mediante individuazione ed eliminazione del nido (formicaio), poiché i trattamenti abbattenti contro le operaie durante gli spostamenti riducono solo temporaneamente la popolazione di formiche. Qualora l’infestazione sia originata all’interno di un edificio, è necessario ispezionare con cura l’ambiente per verificare le vie percorse dalle operaie, individuando i punti di maggiore passaggio. . Poiché in questo caso molto utile si rivela l’impiego di esche alimentari attivate, in granuli o in gel, le quali, non esplicando immediatamente la propria azione tossica, consentono alle operaie di introdurle nel nido fino ad arrivare alle regine e alle larve, che se ne nutrono, con la conseguente eliminazione dell’intera colonia. For information about financing check out wolfinace

SPECIE PIU’ COMUNI

Lasius niger (formica nera)

Immagine 1 di 4

Originario del Regno Unito entra senza problemi negli edifici in cerca di cibo.

 

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Pipistrelli nella storia: come ausiliari per lotta alle zanzare

Negli ultimi anni in Italia si sente sempre più frequentemente parlare di pipistrelli sterminatori di zanzare e di metodi per incentivarne l’azione. I mezzi di informazione danno ampio risalto alla possibilità di impiego di rifugi ad hoc e numerosi cittadini e amministrazioni locali hanno deciso di aderire a questi progetti.

Ma è proprio vero che i pipistrelli sono dei grandi predatori di zanzare?

Che informazioni scientifiche abbiamo sull’argomento?

Vediamo di fare un po’ di chiarezza sulla questione.

Già nella Roma antica nel Liber X dell’Naturalis Historia di Plinio si parlava di zanzare e pipistrelli (“in cibatu culices gratissimi”), ma le prime prove di utilizzo dei Chirotteri contro le zanzare risalgo all’inizio del secolo scorso, periodo in cu Charles A.R. Campbell fece costruire sulle sponde del lago Mitchell in Texas le Bat-Towers, enormi costruzioni in legno, alte decine di metri, che dovevano favorire l’insediamento dei pipistrelli (Nyctinomus mexicanus) al fine di eliminare il problema della malaria in quell’area.

Le notizie sugli esperimenti di Campbell arrivarono in quegli anni anche in Italia e suscitarono forte interesse nel generale dell’Aeronautica Giovanni Battista Marieni, il quale, dovendo fronteggiare il problema delle febbri malariche nelle zone di addestramento delle truppe, iniziò una fitta corrispondenza con Campbell e si convinse che il metodo migliore e naturale per eliminare le zanzare era quello di utilizzare i pipistrelli. Studiò e costruì i pipistrellai basandosi sullo schema del ricercatore americano.

Prendiamo in esame il caso della Sardegna, che è stata, per circa 2.500 anni una delle terre dell’area mediterranea, più colpita dall’infezione malarica. L’area dell’isola nella quale, più che altrove, la malattia regnava sovrana, soprattutto nella forma “perniciosa”, era l’oristanese, dove maggiore era la concentrazione di stagni, paludi e acquitrini. La pessima considerazione di cui Oristano godeva, le valse la nomea di “tomba del forestiero”. Infatti, la mortalità tra i non sardi che erano costretti a soggiornare in città era elevatissima. La lotta antimalarica, intrapresa sin dagli inizi del secolo scorso, si incentrò soprattutto nella bonifica idraulica sia dello stagno di Sassu (il più grande dell’isola, circa 2.400 ettari), sia di una serie di più piccoli impaludamenti (circa 220, per altri 870 ettari). Questa località era il regno incontrastato di Anopheles labranchiae, vettore primario di malaria.

La Società Bonifiche Sarde (SBS) accolse la proposta, avanzata dal generale Giovanni Marieni, di adottare i cosiddetti “protettori antimalarici” cioè i “pipistrellai”, torri di legno in grado di ospitare fino a 50.000 pipistrelli da utilizzare nel controllo delle zanzare. Il 6 novembre 1925, alla presenza di un tecnico della SBS e del fiduciario del generale Marieni, fu collaudato il primo pipistrellaio (successivamente ne furono installati altri quattro).

Tale primo impianto, sul quale era stata apposta una targa, che riportava la seguente scritta:

Questa è una casa per i pipistrelli;  i pipistrelli sono i migliori amici dell’uomo perché mangiano le zanzare malariche. Proteggendo i pipistrelli proteggete voi stessi. Non disturbate quindi in alcuna maniera i pipistrelli e la loro casa.”

A detta del generale, il sistema che egli propugnava era superiore a tutti gli altri (cioè alla bonifica idraulica e ai trattamenti antimalarici) fino allora impiegati e anzi “era l ’unico capace di combattere la malaria, poiché ha dato risultati positivi in America, dove furono allevati un gran numero di pipistrelli comuni”. For information about financing check out http://loanago.co.uk

Continuando, il generale afferma: Gli studi e le esperienze dal 1900 a oggi hanno pienamente dimostrato che il pipistrello è un animale carnivoro ed è ghiotto di zanzare malariche  perché si nutrono di sangue. Il 50% del suo nutrimento è dato dalle zanzare, distruggendone esso più di 500 al giorno”.

Senza dubbio la strada per contenere le zanzare in maniera completamente ecologica è lunga e difficile, ma tutelare i pipistrelli e gli altri animali insettivori rappresenta un primo passo per arrivare a questo traguardo.

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La zecca del piccione: rischi per la salute umana

La massiva presenza dei piccioni  nelle aree urbane non solo è fonte di importanti danni estetici quali, degrado di piazze, chiese, statue e palazzi, ma crea sempre più spesso gravi problemi igienico-sanitari. Il piccione, infatti, può veicolare numerosi agenti patogeni ed essere a sua volta infestato da vari ectoparassiti. Fra questi, Argas reflexus (Acari: Argasidae), meglio nota come la zecca del piccione, è senz’altro il parassita più importante dal punto di vista della salute umana.zecca del piccione

La zecca del piccione di giorno si nasconde nelle vicinanze dell’ospite, e di notte si nutre su di esso. Mentre il pasto di sangue di ninfe e adulti è molto rapido (20-30 min.) e abbondante, quello delle larve può durare molti giorni (fino a 11). La femmina dopo l’ovideposizione non muore ma è pronta per compiere un altro pasto di sangue.

È tipica degli ambienti domestici e rurali, dove è elevata la presenza dei piccioni e, quando rimane priva dell’ospite per lungo tempo o è presente in numero elevato, spesso invade le abitazioni e attacca l’uomo provocandogli talvolta danni molto gravi.

La zecca del piccione svolge un importante ruolo nella trasmissione di agenti patogeni sia nel piccione che nell’uomo. Per quanto riguarda quest’ultimo, sono sempre più frequenti le segnalazioni di aggressioni, specialmente in prossimità di luoghi un tempo occupati dai piccioni. Nell’uomo, la puntura di questo acaro può dare origine a patologie cutanee, dovute all’immissione di tossine secrete con la saliva, durante il pasto di sangue. La puntura può provocare lesioni cutanee e manifestazioni respiratorie, gastrointestinali e cardiocircolatorie fino allo shock anafilattico.

La capacità di Argas reflexus di penetrare in ambienti ristretti, il suo alto grado di sopravvivenza e altri importanti fattori morfologici, fisiologici e comportamentali, rendono il controllo di questa zecca estremamente complesso. Rivestono una particolare importanza le misure preventive atte a debellare, o perlomeno ridurre, la sua presenza nelle città.

Tali misure di prevenzione si concretizzano nel controllo delle popolazioni di piccioni. È necessario che nelle città vengano eliminati i siti di riposo e di nidificazione dei piccioni e che si limiti la distribuzione di cibo ad essi. Un’adeguata informazione ai cittadini sui rischi sanitari derivanti dalla presenza del piccione nei luoghi abitati, risulta essere molto utile per ridurne il numero. For information about financing check out cashity co.uk

 

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Problematiche relative alla sovrappopolazione dei piccioni

Zecche: controllo e disinfestazione

Zecche: un problema anche autunnale

Bonifica aree infestate da piccioni

Allontanamento volatili

Informazioni sulle zecche

 

Il monitoraggio degli infestanti nelle attività alimentari secondo la norma UNI 11381:2010

La norma UNI 11381:2010 definisce il metodo per progettare e realizzare sistemi di monitoraggio degli infestanti negli ambienti delle attività alimentari al fine di predisporre la documentazione per la sua successiva valutazione e conseguentemente poter intraprendere opportune azioni e strategie di lotta agli infestanti in qualsiasi fase della filiera alimentare, importazione compresa, a partire dalla produzione primaria di un alimento, fino alla conservazione, al trasporto, alla vendita o distribuzione al consumatore finale.

Il nostro piano di monitoraggio degli infestanti è in linea con la norma e prevede il posizionamento di specifiche postazioni negli ambienti delle attività dove si attuano le fasi della produzione, trasformazione, e distribuzione degli alimenti. Successivamente, si procede alla ispezione delle postazioni con frequenza regolare al fine di raccogliere e registrare i dati di monitoraggio.

Progettazione del sistema di monitoraggio

Negli ambienti da sottoporre a monitoraggio, vengono preliminarmente individuati gli alimenti presenti, le attività svolte e i punti critici da prendere in considerazione. Da questa determinazione e dagli elementi di seguito elencati scaturisce il piano di monitoraggio.

  • in relazione agli alimenti presenti, si prevede il monitoraggio di tutti gli infestanti per i quali sussiste un rischio di infestazione e sia disponibile una postazione;
  • per il posizionamento delle postazioni si privilegiano i punti critici degli ambienti;
  • le postazioni vengono collocate in modo tale da assicurare una buona copertura degli ambienti in relazione alla capacità attrattiva;
  • il tipo e il posizionamento delle postazioni viene riportato su idonea planimetria.

Monitoraggio in relazione alla specie infestante

Tignole e altri lepidotteri: per ciascun ambiente viene prevista la installazione di trappole uv oppure trappole a feromoni specifiche per ciascuna specie o per gruppi di insetti richiamati dallo stesso attrattivo.

Coleotteri: per il loro monitoraggio degli ambienti è prevista la installazione di trappole uv oppure trappole a feromoni vicino ai punti critici e dove sia prevedibile la loro presenza.

Mosche e altri insetti volanti: la sistemazione delle trappole uv viene effettuata all’interno o all’esterno degli ambienti, in relazione alla tipologia e alle specifiche del fabbricante. Il numero di trappole uv da posizionare è variabile in funzione delle caratteristiche di attrattività delle stesse e comunque entro ciascun ambiente deve essere prevista la installazione di almeno 2 trappole uv.

Blatte e altri insetti striscianti: per ciascun ambiente è previsto il posizionamento di trappole collanti nei luoghi più favorevoli allo sviluppo di questo insetto o nei quali sia prevedibile la loro presenza.

Topi e ratti: negli ambienti non produttivi (aree esterne, aree rifiuti, aree di carico/scarico merci, magazzini, ecc.) si procede alla installazione di erogatori d’esca in robusto materiale plastico, in numero sufficiente a garantire la copertura delle zone interessate e l’efficacia dei trattamenti. Al loro interno verranno posizionate esche rodenticide. L’esca, inserita nel vano di alloggio dell’erogatore, si ancora perfettamente ad esso impedendone la fuoriuscita accidentale. L’esca può essere solo consumata all’interno dell’erogatore e non può essere dispersa.

Per la realizzazione del monitoraggio, le ispezioni rispettano i seguenti criteri:

  • Ogni 30 giorni si deve effettuare almeno un’ispezione degli ambienti attraverso la conta degli insetti catturati nelle trappole e/o la rilevazione dei consumi d’esca, con l’ausilio di specifiche liste di controllo nelle quali si riportano in dettaglio le osservazioni raccolte.
  • Le ispezioni vanno eseguite con maggiore frequenza qualora vi siano condizioni ambientali particolarmente favorevoli allo sviluppo degli infestanti.
  • Durante l’ispezione viene raccolto nel dettaglio qualsiasi dato di cattura e/o osservazioni tecniche in merito alle carenze igieniche e/o strutturali osservate.
  • Le trappole e gli attrattivi vengono mantenuti in condizioni di massima efficienza, ripristinando superfici collanti o sostituendo feromoni e attrattivi secondo le cadenze indicate.

Documentazione e verifica

 La documentazione relativa al sistema di monitoraggio riporta i seguenti elementi:

  • le specie di infestanti sottoposte a monitoraggio all’interno degli ambienti;
  • a quale specie di infestante è destinata ciascuna postazione;
  • il numero e la tipologia delle postazioni installate e il tipo di attrattivo utilizzato;
  • la data di collocazione della trappola negli ambienti e la data di sostituzione dell’attrattivo;
  • la mappatura delle postazioni riportate su planimetria sulla quale vengono riportati i punti di collocazione delle postazioni e la numerazione di ciascuna di esse;
  • i dati raccolti durante ciascuna ispezione relativi a catture e/o consumi d’esca;
  • periodiche elaborazioni dei dati di monitoraggio raccolti durante ciascuna ispezione al fine di osservare graficamente la presenza degli infestanti di ciascun ambiente e il loro andamento nel tempo;
  • l’utilizzo e l’affissione di cartelli segnalatori che evidenziano la posizione della postazione e riportano la numerazione che corrisponde a quella indicata nella planimetria e nella scheda utilizzata per le ispezioni;
  • la descrizione delle non conformità rilevate;
  • l’ azione correttiva intrapresa per gestire la non conformità relativamente all’attuazione del sistema di monitoraggio;
  • il nominativo della persona che ha effettuato ciascuna ispezione.
  • per ogni postazione, prodotto, attrattivo, sono disponibili le schede tecniche e/o di sicurezza.

Il sistema di monitoraggio viene sottoposto a verifica a intervalli appropriati, o ogni qualvolta siano modificati gli obiettivi. In base alla verifica, vengono adottate le opportune azioni correttive.

Blattella Germanica

La lotta agli infestanti è complessa e richiede strategie accettabili sia sotto il profilo economico, sia per la salute del consumatore. Da parecchi anni si utilizzano diversi sistemi di monitoraggio che permettono di rilevare la presenza degli infestanti negli ambienti e l’andamento delle popolazioni nel tempo. La loro armonizzazione può consentire un omogeneo utilizzo di dati e di informazioni ai fini della prevenzione, del controllo e della lotta agli infestanti(estratto da Introduzione Norma UNI 11381:2010).

 

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Problematiche relative alla sovrappopolazione dei piccioni

I processi di urbanizzazione e industrializzazione provocano evidenti modificazioni ambientali che condizionano il comportamento di numerose specie animali. In modo particolare nei centri urbani si sono create situazioni microclimatiche che hanno favorito l’insediamento di numerose colonie di piccioni. Le migliori condizioni di vita permettono al piccione un aumento dell’attività riproduttiva con conseguente aumento numerico della popolazione.

La massiccia colonizzazione ormai non interessa solo il centro storico delle nostre città ma anche la periferia e le zone industriali. Lo sviluppo numerico incontrollato di colonie di piccioni nelle aree urbane comporta notevoli disagi per i cittadini, mette a rischio l’integrità del patrimonio edilizio e monumentale delle città e crea problemi igienico-sanitari per l’uomo e gli animali domestici.

Il gruppo Indaco per l’allontanamento di piccioni e altri volatili molesti, utilizza la seguente procedura operativa

  • La prima fase di ogni strategia di allontanamento volatili consiste sempre nella stesura di un piano di lavoro.
  • Si pianifica la strategia migliore tenendo in considerazione le caratteristiche dell’edificio da proteggere, che sarà attentamente esaminato tenendo in considerazione quali sono le parti “predilette” dai piccioni.
  • Tramite un monitoraggio ambientale, bisognerà considerare il numero dei piccioni che infestano l’edificio preso in considerazione, così da valutare il tipo di pressione da adottare.
  • Il passo successivo consiste nel ripristino delle condizioni iniziali di igiene attraverso la bonifica del degrado generato dalla colonizzazione dei piccioni. L’intervento consiste nell’asportazione del guano e nella disinfestazionedisinfezione accurata di tutte le superfici.
  • Dopo gli interventi di ripristino, si passa all’installazione di sistemi di dissuasione finalizzati a evitare il ritorno dei volatili allontanati in precedenza. Si tratta di sistemi flessibili, ovvero adattabili alle caratteristiche della parte dell’edificio sulla quale sono collocati.
  • Al termine delle operazioni di installazione dei sistemi di dissuasione c’è il collaudo degli stessi. Si tratta di verificarne la solidità del fissaggio e il corretto funzionamento.

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